23 gen 2015

CRISI: L'ANTIDOTO

In breve, la disperazione cerca il proprio ambiente così infallibilmente come l'acqua cerca il proprio livello. (Alvarez)

Nel corso degli ultimi anni lo scoppio della crisi economico-finanziaria ha determinato l’estensione dei fenomeni di impoverimento in ampi settori della popolazione e mentre tutto sembra orientato alla produzione della ricchezza si è invece verificato, quasi per fatale e inspiegabile contrappasso, un progressivo aumento della miseria e della povertà. 

L' Italia non è certo un paese povero, tuttavia negli ultimi anni abbiamo assistito ad un cospicuo declino del reddito pro capite che ha creato un aumento delle disuguaglianze ed incrementato il risentimento comune di una società alla quale diviene sempre più difficile adeguarsi. Così mentre la corruzione imperversa e volano denari come fossero coriandoli L’ISTAT diffonde dati davvero preoccupanti: oggi abbiamo oltre dieci milioni di poveri, nel 2013 il 28,4% dei residenti è a rischio povertà o esclusione sociale, il 12,6% delle famiglie è in povertà relativa e il 7,9% è in povertà assoluta. 

La miseriaMa esiste differenza tra miseria e povertà: sono due cose molto diverse., è un gradino al di sotto della povertà, è una condizione di estrema e profonda indigenza accompagnata da infelicità e avvilimento dovuti alla mancanza del minimo necessario per vivere. I miseri devono la propria vita all’altrui generosità e la carità dei singoli, delle organizzazioni civili e religiose interviene dove e come può. La società, infatti, non potendo procurare il lavoro che non c’è, può almeno estrapolare dalla propria ricchezza la pietà e il corrispettivo dell’elemosina. Ma esiste non solo una miseria che non guadagna abbastanza per vivere e che vive delle donazioni volontarie, ma anche una miseria indifesa, non assistita dalla società: una miseria che muore di fame. E non le manca solo il lavoro, ma anche l’elemosina: è’ una miseria così spaventosa che va dritta alla morte e con essa si confonde tendendo la mano senza ricevere nulla.

La povertàLa povertà è non riuscire a guadagnarsi da vivere nonostante il lavoro. Si assiste, rispetto al recente passato, al graduale aumento dei cosiddetti “workingpoor”, una categoria sociologica che comprende  tutti coloro che pur in presenza di una posizione lavorativa e di un’entrata economica stabile, evidenziano segnali di disagio economico e progressiva marginalità sociale. Spesso ciò è dovuto dalla perdita del lavoro e da contratti insicuri, dall'aumento dei prezzi dei beni e dei servizi di prima necessità per cui le famiglie italiane non hanno più i mezzi per uscire da questa situazione di povertà relativa e a volte non riescono nemmeno a far crescere un figlio, come sottolineato dai dati diffusi dalla Societa’ Italiana di Neonatologia (Sin), che denuncia circa 3.000 bimbi abbandonati ogni anno. Ma esiste non solo la povertà che non guadagna abbastanza per vivere, esiste la povertà assoluta di coloro al di sotto della soglia di reddito minimo necessario per nutrirsi e per poter disporre dei beni e dei servizi essenziali. Un anziano italiano con la pensione sociale, le famiglie in cui non vi sono redditi, gli operai non più giovani rimasti disoccupati, i piccoli imprenditori falliti, certamente non possono più sopravvivere nell'Italia di oggi, dove il tenore medio, sebbene in vistoso calo, è abbastanza elevato.

L'indigenzaE' la condizione di chi si trova in uno stato di necessità e che vede la propria vita a rischio se privo dell'aiuto di altri. L'indigente è colui che  ha appena il necessario per vivere per cui il reddito individuale viene relazionato al contesto di riferimento. Si parla spesso dei nuovi indigenti: sono quelli che hanno il cellulare e la TV, ma che, ad esempio, non possono permettersi una vacanza, non sono in grado di sostenere le spese per visite specialistiche, non riescono a pagare per intero l'affitto e le utenze domestiche e che spesso beneficiano con vergogna della "mensa dei poveri". E mentre la pvertà è lo stato opposto alla ricchezza, l'indigenza invece è lo stato opposto all' opulenza. Come può esistere tutto ciò? Come è possibile che vi siano al mondo delle persone in grado di lavorare e capaci di guadagnarsi da vivere col lavoro e che, tuttavia, non giungano allo scopo? Queste persone abbondano di energie, abitano le nostre città ed attendono una sola cosa dalla provvidenza divina e umana: che venga loro dato del lavoro, per quanto faticoso e pesante, ma lavoro! Quel lavoro che non esiste per tutti: siamo circondati da persone che non chiedono altro che di vivere del proprio lavoro e non possono. Urge un decreto anti-povertà teso a salvare le famiglie riducendo il tasso di povertà, nella consapevolezza che per un paese civile contare 8 milioni di poveri, oltre a costituire un vero e proprio allarme sociale, è una vergogna e una infamia. La famiglia deve essere difesa a tutti i costi perché è la base della società civile e per potenziare la famiglia innanzitutto ci vuole lavoro, perché senza di questo o con un lavoro molto incerto non c’è, soprattutto per i giovani neppure la possibilità di formarsi una famiglia.

D'accordo il paese è immerso in una gravissima crisi economica e sociale ma la povertà non può essere l’alternativa e l’antidoto alla crisi.

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