E con i predator. Cioè droni, velivoli militari a pilotaggio remoto comandati da un computer di bordo, potentemente armati in grado di condurre qualsiasi azione militare dal cielo, di bombardare, mitragliare, spiare. Grazie a tutte queste caratteristiche il velivolo Predator è l’assetto aereo ideale per la sorveglianza e il supporto in aree di operazioni particolarmente rischiose, ma può essere anche utilizzato in ambito alla lotta della criminalità organizzata e anche per la lotta all'immigrazione clandestina.
Se le precedenti guerre si basavano sulla preponderanza numerica degli armati e le successive sul perfezionamento e il potenziamento degli armamenti convenzionali oggi si combattono soprattutto con mezzi elettronici. Ma la guerra in Libia che si sta delineando, dato il livello di sviluppo tecnologico di cui disponiamo, sarà combattuta soprattutto con mezzi informatici e il drone è quanto di meglio possa offrire l'informatica applicata alle operazioni militari. Con i droni l'aeronautica piò condurre le operazioni più spericolate senza mettere a repentaglio la vita dei piloti.
Ed è con questi mezzi che si pio avere il sopravvento militare anche su quei teatri meno adatti all'impiego di uomini quali centri abitati, zone particolarmente impervie così via.
Seduto dietro ad una comoda scrivania, con le mani sul jsystick e il monitor davanti agli occhi, il pilota di un predator condurrà la sua guerra comodamente ma assai più efficacemente di chi vola con un un moderno caccia da combattimento. E la salvaguardia dei soldati e la loro salvezza è la principale preoccupazione dei comandi, soprattutto per godere dell'appoggio della pubblica opinione, del consenso della gente che mal sopporta la perdita di uomini.
Chi picchia per primo picchia due volte. La guerra futuribile è arrivata. Pochi uomini in campo, molti mezzi robottizzasti, molti droni. Ma ugualmente cruenta (per gli altri).
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