16 feb 2015

LA GUERRA DEI DRONI

Può darsi, anzi  è quasi certo,  che per i soldati italiani  sia arrivato il momento, come si dice negli States, del " boots on the ground". Di mettere gli scarponi sul terreno. Terreno ovviamente libico. Troppo rischiosa si è fatta per la sicurezza dell'Italia la situazione in questo paese nordafricano ormai ampiamente infiltrato dall'integralismo islamico armato. Dimentichi delle  tragiche vicissitudini belliche del novecento,  non appena iniziato il ventunesimo secolo, ecco che siamo già alle prese con un'altra guerra che magari la chiameremo, tanto per dar fumo negli, occhi, un semplice intervento di "peacekeeping". E' la riprova  che l'umanità non può fare a meno di scannarsi periodicamente a vicenda.

Questa volta però siamo attori in prima persona.  E' molto probabile che alle nostre spalle non ci sarà più l'angelo custode a stelle e strisce o la bandiera stellata dell'UE. La nostra ambasciata tripolina ha chiuso i battenti e i nostri connazionali presenti in Libia sono in fase di rientro via mare. Un natante libico ha condotto un'azione armata contro una naostra mootovedetta. Siamo in preoccupante attesa della piega che prenderà la situazione. Prevedo che presto si svilupperà una qualche azione militare italiana (di "peacekeeping" per l'appunto) e che si  muoverà un nostro contingente di navi, aerei e uomini con le stellette.

E con i predator. Cioè droni,  velivoli militari a pilotaggio remoto comandati da un computer di bordo, potentemente armati in grado di condurre qualsiasi azione militare dal cielo, di bombardare, mitragliare, spiare. Grazie a tutte queste  caratteristiche il velivolo Predator è l’assetto aereo ideale per la sorveglianza e il supporto in aree di operazioni particolarmente rischiose, ma può essere anche utilizzato in ambito alla lotta della criminalità organizzata e anche per la lotta all'immigrazione clandestina.

Se le precedenti guerre si basavano sulla preponderanza numerica degli armati e le successive sul perfezionamento e il potenziamento degli armamenti convenzionali oggi si combattono soprattutto con mezzi elettronici. Ma la guerra in Libia che si sta delineando, dato il livello di sviluppo tecnologico di cui disponiamo, sarà  combattuta soprattutto con mezzi informatici e il drone è quanto di meglio possa offrire l'informatica applicata alle operazioni militari. Con i droni l'aeronautica piò condurre le operazioni più spericolate senza mettere a repentaglio la vita dei piloti. 

Ed è con  questi mezzi che si pio avere il sopravvento militare anche su quei teatri meno adatti all'impiego di uomini quali centri abitati, zone particolarmente impervie così via.

Seduto dietro ad una comoda scrivania, con le mani sul  jsystick e il monitor davanti agli occhi, il pilota di un predator  condurrà la sua  guerra comodamente  ma assai più efficacemente di chi vola con un un moderno caccia da combattimento. E la salvaguardia dei soldati e la loro salvezza è la principale preoccupazione dei comandi, soprattutto per godere dell'appoggio della pubblica opinione, del consenso della gente  che mal sopporta la perdita di uomini.

Chi picchia per primo picchia due volte. La guerra futuribile è arrivata. Pochi uomini in campo, molti mezzi robottizzasti, molti droni. Ma ugualmente cruenta (per gli altri).

*****************************************************
C'è un altro post che ti potrebbe interessare. Se vuoi leggerlo clicca qui.