21 mag 2015

MERITOCRAZIA

Il successo è una cosa piuttosto lurida; la sua falsa somiglianza col merito inganna gli uomini. (V. Hugo)

Meritocrazia, una bella parola. Mi piace anche se non la uso molto e non mi ha mai del tutto convinto.  E' una parola che oggi va per la maggiore: in tutti i discorsi che più o meno parlano del sociale fa la sua bella figura. Forse perchè è connaturata al nostro quotidiano o forse perchè il suo significto viene spesso travisato chiamando meritocratico ciò che poi risulta essere ben altra cosa.   
     
"E' uno che merita". Quante volte abbiamo sentito questa affermazione? Spesso è un giudizio del tutto personalistico   che però non tiene conto del perchè. La meritocrazia è un concetto astratto che non può essere misurato con strumenti scientifici e nella nostra organizzazione sociale questa magica parola, che nella vita apre molte porte, è figlia del familismo, del nepotismo, del favoritismo.  

Se vogliamo essere più realisti del re possiamo dire che la meritocrazia è ben rappresentata nella formula matematica M=IQ+E  dove il merito (M) è dato dalla somma fra il quoziente intellettivo (IQ) e lo sforzo individuale profuso (E). Il merito è dunque la risultante di due componenti: il talento che ciascuno ottiene dalla lotteria naturale e l’impegno profuso dal soggetto nello svolgimento di attività o mansioni varie.

Ad ogni piè sospinto ci viene sbandierato che il criterio meritocratico è l'unico criterio adottato per la distribuzione delle risorse di potere, economico e politico. Ma nella realtà l'unico sistema adottato è quello clientelare.  Chi intende concorrere ad una determinata  posizione lavorativa si trova come colui che si mette  pazientemente in coda alle poste fino a quando  non passa davanti a tutti il cugino del tizio allo sportello. 

A oggi esistono cittadini italiani che hanno un sogno nel cassetto, realizzarsi. Diventare medico, autista, poliziotto, imprenditore, avere un lavoro che gli consenta di vivere con dignità, oppure semplicemente creare famiglia. Ma se sono privi di conoscenze, di raccomandazioni, o non hanno capitali da investire non potranno fare niente di tutto ciò. 

Lo stesso vale in molti altri settori. Quanti figli fanno la professione (chiusa alla concorrenza) dei padri perché hanno un accesso privilegiato e non perché ne abbiano il merito? Come predicare la meritocrazia a chi un padre privilegiato non l'ha? È ovvio che vi sono situazioni perfettamente legittime di padri e figli nella stessa professione, ma il problema nel suo complesso esiste. 

Le connessioni familiari sono il principale meccanismo di collocamento, oliato da favori reciproci. Oggi, è pressochè impossibile per un uomo senza protettori, senza familiari importanti, senza essere intruppato in una qualche congrega, ma solo e con null’altro che tanto merito giungere al livello di uno stupido che gode di appoggi di tipo nepotistico.

In tale contesto i comuni mortali che credono convintamente negli ideali meritocratici si sfiniscono in una inutile lotta competitiva di rivincita sociale che non approderà a nulla. Ed è una lotta tra affini, cioè tra coloro che sono   privi di quelle conoscenze essenziali ad orientarsi nella complessità del mondo d´oggi.

Insomma, che questa sia un società meritocratica sono solo favole di connotazione propagandista. Questa non è una società meritocratica, è una società dove  tutti diventano qualcuno per merito di qualcun altro. Ma il bello è che  in proposito non esiste una diffusa conoscenza e che  il cittadino qualunque non si è mai adeguatamente dotato di quegli strumenti di pensiero necessari  per difendere i propri diritti civili e politici. Nella sua mente c’è solo un magma di conoscenze del fenomeno approssimative e confuse, fatte di spot televisivi e di e inganni mediatici.

La corrotta classe dominante non è più in grado di governare con i vecchi metodi della cosiddetta “democrazia rappresentativa". Per ricoprire una determinata posizione lavorativa era sufficiente disporre dei titoli ed esperienze necessarie. Oggi tutto ciò non conta. Tutto ciò che rimaneva delle ormai vecchie regole per l' attribuzione dei posti di lavoro è stato spazzato via, rottamato. Rimangono solamente  logiche  politico-clientelari e nepotistiche-familiari.

Ora, la domanda sorge quasi spontanea: come può vincere il merito in un Paese, che si parli dell’Italia o no, in cui mancano le condizioni basilari che possano permettere a tutti di accedere a posizioni di leadership in ogni campo della società e regole chiare ed efficaci che garantiscano ai cittadini di far parte di un sistema i cui meccanismi premino effettivamente il merito, senza dover necessariamente pensare o far riferimento a scorciatoie di sorta? 

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