11 mar 2015

UNA FALSA VERITA'

Sento spesso dire che la principale motivazione a spingere gli uomini a combattersi e a guerreggiare tra loro sia la religione. E questo fattore sarebbe diventato una costante nella storia dell'uomo. Ci sono infatti all'origine di tanti conflitti cause di carattere filosofico e ideologiche: solo un dio deve prevalere su tutti gli altri, una sola religione è quella giusta. Chi non adora quel dio, chi non pratica quella religione è un nemico e come tale  deve essere combattuto. E In un simile contesto sempre più persone sono state uccise in nome di Dio che per qualsiasi altro motivo. 

Dispute religiose tra il dogmatismo cristiano e il riformismo luterano furono all'origine di una serie di sanguinosissime guerre che imperversarono nella Francia del XVI secolo.  A cavallo dell'anno mille  i crociati europei devastarono l'Africa mediterranea con lo scopo di riconquistare la cosiddetta "Terra santa" occupata dagli Arabi e di convertire quegli stessi al cristianesimo. Nel Sudamerica identici motivi furono presi a pretesto dai "conquistadores" spagnoli per sterminare, sotto il comando di  di  Hernán Cortés, il popolo Incas e saccheggiare le loro ricchezze. E poi, chi può dimenticare il genocidio degli ebrei ad opera dei "cristianissimi" nazifascisti o anche, ai giorni nostri, l'irrisoluto contrasto armato tra israeliani e palestinesi?

La religione dunque si ritiene essere la causa della maggior parte delle guerre. D'altro canto non ci si addentra mai troppo nell'analisi delle vere ragioni  che spingono gli stati a muovere i loro eserciti o le loro polizie. E' come se queste ragioni provocassero un certo imbarazzo e non debbano pertanto essere "troppo" pubblicizzate.

Ci sono molte idee sbagliate in proposito. La storia semplicemente non supporta l'ipotesi che la religione sia la principale causa di conflitti. Di solito le prime cause reali sono, molto più prosaicamente, la conquista del territorio,  il controllo delle frontiere, rotte commerciali più sicure e il mantenimento della supremazia politica interna ed  esterna.

Ma l'avidità dei governi e dei governanti, un sistema sbilanciato di potere nella gestione elle nazioni, la ricerca della supremazia economica tramite il dominio delle fonti di autofinanziamento sono a monte di ogni iniziativa armata. L' egemonia culturale  e Il prestigio politico  che  deriva dal raggiungimento di questi obbiettivi giustificano ogni nefandezza. Nefandezze spesso di una tale gravità e disumanità che, per non risultare inaccettabili ai più, hanno bisogno di una copertura ideologica. Una copertura religiosa. Diventano guerre religiose. Guerre sante.

Si può oggi affermare che in tutti i conflitti che agitano il pianeta c'è sempre il desiderio di impadronirsi delle ricchezze altrui.  Gli obbiettivi diventano così la conquista delle risorse petrolifere, minerarie, territoriali. Ma perseguono anche lo scopo di modificare i sistemi politici  consolidati, di destabilizzare i governi con i quali non si riesce a istituire accordi, insomma di impadronirsi di tutte le leve possibili del potere.

Lo Stato Islamico ha ormai da tempo dichiarato contro gli occidentali la "jihad", la guerra santa.  Le loro milizie combattono sotto l'egida dell'integralismo religioso e del fanatismo. Le leggi del loro stato non sono altro che la stretta applicazione del dettato coranico. Ma in tutto ciò non c'è niente di santo. C'è solo un'azione accuratamente programmata e orchestrata anche mediaticamente per acquisire la supremazia culturale sull'occidente, per impadronirsi del suo patrimonio, delle sue ricchezze. 

Come per i barbari nell'impero romano i nazi-jihadisti dello Stato Islamico, aspirano a calare sul mondo giudaico cristiano per distruggerlo, per raderlo al suolo. Come per i millenari resti dell'antico sito archeologico assiro di Hatra, nell'Iraq. 

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